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Medicina molecolare mirata nel cancro del colon retto

Tipologia
Ricerca traslazionale
Responsabile

Partecipanti al progetto

Descrizione del progetto

Modelli preclinici di "assuefazione" agli oncogeni. 

Razionale:

I progressi tecnologici hanno permesso il raggiungimento di importanti scoperte sui meccanismi che contribuiscono all'insorgenza dei tumori, tra cui l’osservazione che alcuni tumori ‘dipendono’ da una specifica aberrazione genetica per la loro crescita incontrollata e regrediscono quando il prodotto di tale alterazione viene bloccato farmacologicamente (‘oncogéne addiction’, traducibile con l’espressione ‘assuefazione all’oncogéne’). Tuttavia tali conoscenze sono state tradotte in terapie efficaci molto lentamente, in parte a causa della difficoltà nel prevedere in che modo il complesso ambiente mutazionale tipico dei tumori umani, sovrapposto all’attività dell’oncogéne anomalo che produce assuefazione, può condizionare la risposta ai farmaci.

Risultati ottenuti:

Negli ultimi anni abbiamo identificato partner 'privati' di segnalazione della tirosina-cinasi Met, che sono in grado di regolare i segnali ‘pubblici’ in uscita e di conferire specificità di segnale alle vie di trasduzione attivate da Met stesso. In questo contesto abbiamo scoperto che, bloccando Met in cellule tumorali ‘assuefatte’ a questo oncogéne, viene influenzato soltanto un gruppo limitato di effettori a valle, mentre molti altri nodi di segnalazione non sono modificati e si comportano quindi come regolatori 'recessivi' del fenomeno di assuefazione oncogenica. Inoltre, è stato introdotto il concetto di ‘oncogéne expedience, in opposizione a quello di ‘oncogéne addiction’, che spiega il ruolo dell’oncogéne Met in quei tumori in cui Met agisce come gene adiuvante pro-metastatico e non come determinante genetico del fenotipo trasformato. Abbiamo anche dimostrato che xenotrapianti di carcinomi metastatici del colon-retto derivanti da pazienti e propagati in topi ospiti ('xenopazienti’) mimano in modo affidabile il decorso della malattia nell’uomo e ricapitolano prospetticamente la stratificazione molecolare, basata su biomarcatori di sensibilità o resistenza, dei tumori colo-rettali. Mediante questo approccio, abbiamo identificato l'oncogéne HER2 come determinante molecolare della resistenza agli anticorpi anti-EGFR e come fattore predittivo di risposta alla terapia combinatoriale contro HER2 e contro EGFR. Nello stesso filone e sempre nei tumori colo-rettali, abbiamo osservato recentemente che l'amplificazione dell'oncogéne Met correla con la resistenza alle terapie anti-EGFR e predice la risposta a inibitori farmacologici di Met, fornendo in questo modo un nuovo bersaglio molecolare in tumori che, allo stato attuale, non hanno opzioni terapeutiche.

Obiettivi prossimi della ricerca:

I nostri progetti mirano a esplorare i meccanismi che sono alla base della dipendenza dei tumori da specifiche lesioni genetiche, con particolare attenzione ai tumori del colon-retto. A questo scopo usiamo diverse piattaforme tecnologiche (fosfoproteomica, profili di espressione genica, sequenziamento del DNA, analisi del numero di copie di geni) e vari assetti sperimentali (linee cellulari classiche, ‘xenopazienti’ e colture in vitro di materiale tumorale derivato da pazienti). Il nostro piano sperimentale prevede l'utilizzo di analisi molecolari integrate per la scoperta e la validazione delle ipotesi, seguita da studi meccanicistici in linee cellulari, validazione preclinica in modelli animali e validazione clinica tramite studi retrospettivi sui pazienti. Questo va di pari passo con l'istituzione e l’implementazione di una biobanca qualitativamente controllata di materiale derivato da pazienti, che raccoglie campioni destinati all’analisi molecolare e/o all’impianto e all’espansione negli animali da esperimento.

Rilevanza della ricerca ai fini della comprensione/diagnosi/trattamento della malattia neoplastica:

I nostri studi mirano a identificare le alterazioni genetiche 'dominanti' ('assuefazione oncogenica) e a contestualizzarle gerarchicamente rispetto a quelle 'recessive', in modo da elaborare criteri predittivi di risposta a farmaci capaci di bloccare l'attività della lesione primaria.

 

Sottoaree:

Gli xenopazienti: uno strumento di stratificazione molecolare del carcinoma colorettale

Responsabile Scientifico  Dott. Andrea Bertotti

Razionale:

A una decade circa dal completamento del progetto genoma, i molti anni di lavoro volto alla caratterizzazione sistematica delle lesioni genetiche con ruolo causativo nel cancro ci permettono oggi di intravedere il traguardo della “medicina personalizzata” in oncologia, tuttavia la sua reale applicazione clinica incontra ancora enormi difficoltà. In particolare, una delle ragioni che vengono citate più di frequente come causa di fallimento della sperimentazione oncologica clinica è la mancanza di modelli preclinici che ricapitolino fedelmente l’eterogeneità tipica delle reali popolazioni tumorali. Da questo consegue la modesta affidabilità dei modelli esistenti in termini di anticipazione del potenziale clinico di una nuova ipotesi terapeutica.  

A partire da queste considerazioni, negli ultimi anni i nostri sforzi di ricerca si sono concentrati nel tentare di definire le caratteristiche genetiche, funzionali e di sensibilità terapeutica di specifiche sottopopolazioni di tumori metastatici del colon-retto attraverso l’uso di innovativi modelli preclinici. In particolare abbiamo sviluppato una piattaforma sperimentale in vivo, basata su xenotrapianti primari da materiale chirurgico (‘xenopazienti’). Tutto questo con l’obiettivo ultimo di innalzare sistematicamente il tasso di successo di una nuova generazione di studi clinici ispirati a un chiaro razionale preclinico. 

Risultati Ottenuti:

Negli ultimi quattro anni abbiamo collezionato e impiantato in animali immunocompromessi più di 400 resezioni di metastasi epatiche da cancro del colon-retto. Di queste, più di 200 sono state caratterizzate per sensibilità al trattamento con cetuximab, un anticorpo diretto contro il recettore per il fattore di crescita EGF (EGFR) approvato per uso clinico. Abbiamo utilizzato questo impianto sperimentale per dissecare la complessità biologica e molecolare del cancro colorettale metastatico, con l’obiettivo di identificare nuovi bersagli terapeutici e i biomarcatori molecolari ad essi associati. Tramite questo metodo abbiamo dimostrato: (i) che gli ‘xenopazienti’ ricapitolano in modo attendibile le risposte terapeutiche dei tumori reali e il potere predittivo dei biomarcatori associati alle risposte; (ii) che l’amplificazione dell’oncogene HER2 è un predittore di resistenza al trattamento con anticorpi anti-EGFR e che allo stesso tempo predice risposta al trattamento combinato anti-HER2 e anti-EGFR in questo contesto tumorale; (iii) che l’attività dell’oncogene MET può essere causa di resistenza al trattamento con inibitori di EGFR e nell’ stesso tempo bersaglio di efficaci terapie mirate, ma solo in caso di amplificazione genica ad alto grado del recettore stesso; (iv) che al contrario di quello che capita in altri contesti tumorali (come per esempio il melanoma), nel caso del tumore metastatico del colon-retto la presenza di mutazioni attivanti nei geni KRAS e BRAF non  correla con l’efficacia di terapie volte a inibire le vie di segnale tipicamente attivate da questi oncogeni.

Obiettivi prossimi della ricerca:

Il nostro approccio sperimentale prevede di utilizzare diverse piattaforme tecnologiche (genomica, trascrittomica, proteomica) integrate per la caratterizzazione molecolare della piattaforma sperimentale basata sugli ‘xenopazienti’, con l’obiettivo di  generare nuove  ipotesi terapeutiche/dignostiche che saranno poi validate sperimentalmente in vivo. Questo approccio è principalmente volto a identificare nuovi biomarcatori predittivi di risposta a farmaci che possano essere utilizzati per la stratificazione di pazienti affetti da cancro colorettale in sottopopolazioni aggredibili con terapie “disegnate su misura”.

Rilevanza della ricerca ai fini della comprensione/diagnosi/trattamento della malattia neoplastica:
La piattaforma degli xenopazienti permette di identificare aberrazioni genetiche, validarne il ruolo causale nel cancro, e saggiarne la possibile funzione quali bersagli terapeutici con un grado di affidabilità largemente superiore agli approcci preclinici standard.

 

Farmacogenomica del cancro colorettale

Responsabile Scientifica Dott.ssa Federica Di Nicolantonio

Farmacogenomica del cancro colorettale

Razionale

L’instabilità genomica e le alterazioni del metabolismo sono tra i tratti che caratterizzano le cellule del cancro. Grazie ai progressi delle nuove tecnologie e alle recenti analisi genomiche ad alta processività, sappiamo ora che tali caratteristiche sono causate da difetti genetici a carico di geni coinvolti nei meccanismi di riparazione del DNA o nei processi metabolici. Molti farmaci antitumorali convenzionali in uso da tempo sono stati disegnati e sviluppati per colpire la replicazione o il metabolismo cellulare, processi noti per essere molto rapidi nelle cellule tumorali. Non tutti i pazienti traggono però beneficio dalla chemioterapia; e al momento rimangono ancora elusivi i meccanismi che determinano l’efficacia o gli insuccessi degli agenti chemioterapici. Le nuove metodiche di analisi del genoma ci consentono ora di analizzare le lesioni molecolari presenti nei tumori ed associarle – anche funzionalmente – alla risposta clinica alle terapie chemioterapiche convenzionali. 

Progetti in corso

Il Laboratorio è stato attivato nella seconda metà del 2012 con l'obiettivo di valutare il ruolo che la complessità delle alterazioni genetiche ed epigenetiche tumorali possano giocare nelle risposta alle terapie antitumorali nei tumori solidi, e in particolar modo nel cancro metastatico colorettale (vedi Figura da inserire).

In un primo progetto di ricerca, abbiamo recentemente dimostrato che la presenza di mutazioni attivanti a carico dell’oncogene BRAF è associato alla sensibilità agli agenti chemioterapici capaci di inibire il proteasoma, quali bortezomib e carfilzomib. Tale effetto è indipendente dalla presenza di altre concomitanti alterazioni molecolari presenti nel tumore, incluse quelle a carico di PTEN, RB1 o EGFR, che sono state precedentemente implicate nella resistenza agli inibitori selettivi di BRAF. La relazione farmacogenomica tra mutazioni oncogeniche di BRAF e inibitori del proteasoma è stata da noi validata in un ampio pannello di modelli di carcinoma colorettale mutati per BRAF, sia in vitro che in vivo (Zecchin D et al., Mol Cancer Ther. 2013 Dec;12(12):2950-61). Un’ipotesi plausibile del meccanismo alla base di queste osservazioni è quella per cui l’attivazione oncogenica di BRAF sia capace di indurre uno stress ‘proteotossico’ –che a sua volta provocherebbe una preferenziale sensibilità  a questa classe di chemioterapici. I nostri dati  suggeriscono infatti che l’inibizione selettiva della forma mutata di BRAF abroga l’aumentata risposta agli inibitori del proteasoma e addirittura antagonizza l’azione del carfilzomib. Questi risultati forniscono un razionale per valutare l’efficacia di queste terapie nei pazienti affetti da carcinoma del colon-retto BRAF mutanti e iniziare i primi studi clinici.

In un secondo filone di ricerca, il nostro laboratorio si pone come obiettivo di studiare la funzione, nonché il ruolo predittivo e prognostico di varianti genetiche ed epigenetiche associate alla risposta alle terapie chemioterapiche convenzionali. Nello specifico ora proponiamo di:  (i) comprendere i meccanismi molecolari che determinano la sensibilità o la resistenza al trattamento di farmaci alchilanti il DNA (temozolomide e dacarbazina) nel carcinoma colorettale; ii) valutare in questo contesto il ruolo delle modificazioni genetiche ed epigenetiche di geni coinvolti nel riparare il danno al DNA;  (iii) implementare una nuova tecnica quantitativa per misurare la metilazione di geni coinvolti nei meccanismi di riparazione del DNA nei campioni di tessuto e nel DNA tumorale circolante.

E’ atteso che questo progetto porti al miglioramento dell'indice terapeutico della chemioterapia nel carcinoma del colon-retto, mediante l’identificazione e la definizione di uno o più biomarcatori coinvolti nella riparazione al danno del DNA capaci di caratterizzare una sottopopolazione di pazienti responsivi agli agenti alchilanti e quindi rendere la chemioterapia ‘su misura’.

 

Ultimo aggiornamento: 22/05/2015 10:21
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