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Chirurgia mini-invasiva urologica

Tipologia
Ricerca clinica e traslazionale
Responsabile

Partecipanti al progetto

Descrizione del progetto

Responsabile ScientificoProf Francesco Porpiglia

A partire dall’inizio degli anni ’90 si è assistito ad una vera e propria rivoluzione della chirurgia grazie all’introduzione delle tecniche laparoscopiche nella pratica clinica. La possibilità di eseguire un intervento chirurgico attraverso minutissime incisioni chirurgiche ha infatti fortemente innovato la chirurgia.

In urologia la diffusione delle tecniche laparoscopiche standard è avvenuta con un certo ritardo, tuttavia oggi la laparoscopia è considerata gold standard nel trattamento di numerose patologie urologiche (patologie renali e surrenaliche ad esempio) e ha progressivamente soppiantato la chirurgia open in alcune procedure.

La disponibilità di nuovi strumenti e dispositivi chirurgici, ha consentito l’introduzione di nuove tecniche “avanzate” come la mini laparoscopia, la Natural Orifice Transluminal Endoscopic Surgery [NOTES] e Laparo Endoscopic Single Site [LESS] che rappresentano l’evoluzione della laparoscopia tradizionale. Va inoltre ricordato l’enorme impatto che l’introduzione della chirurgia robotica ha avuto sul trattamento delle patologie oncologiche prostatiche e renali. Basti pensare che nel 2011 sono stati eseguiti oltre 7.000 interventi robot assistiti con un incremento del 47% rispetto all’anno precedente.

Parallelamente alla chirurgia laparoscopica anche l’endourologia ha compiuto significativi passi avanti nella mini invasività. L’accesso alle vie urinarie mediante strumenti sempre più piccoli, digitali, sia per uso retrogrado che anterogrado, l’ampio uso di fonti di energia laser (Holmio, Thullio, KTP) per il trattamento dei tessuti (prostata in primis) e della litiasi urinaria hanno reso sempre meno invasive le manovre degli urologi.

 Presso la SCDU Urologia l’evoluzione di queste tecniche è stata supportata da una solida ricerca scientifica. In breve la nostra ricerca clinica riguarda (o ha riguardato) la quasi totalità delle nuove tecniche chirurgiche:

  • uso della laparoscopia standard per il trattamento delle patologie surrenaliche, oncologiche della prostata e della vescica, delle patologie malformative delle vie urinarie
  • ruolo della nefrectomia parziale laparoscopica nel trattamento delle neoplasie del rene con particolare riferimento all’ischemia renale e ai suoi effetti sulla funzione renale (capitolo 1)
  • ruolo della mini laparoscopia nel trattamento delle patologie urinarie benigne, in particolar modo delle patologie malformative (capitolo 2)
  • ruolo della chirurgia robotica nel trattamento delle patologie oncologiche prostatiche
  • ruolo della chirurgia LESS nel trattamento delle patologie oncologiche renali
  • ruolo della chirurgia LESS robot assistita e confronto con le tecniche tradizionali e mini-laparoscopiche nel trattamento della patologia malformativa del giunto pielo ureterale (capitolo 3)
  • uso dei laser nel trattamento dell’adenoma prostatico e confronto con le tecniche di resezione bipolare
  • uso delle tecniche percutanee nel trattamento della litiasi renale (nuovi devices, nuovi approcci al paziente)

Sottoaree:
La mini-laparoscopia nel trattamento delle patologie urinarie benigne, in particolar modo delle patologie malformative 

La disponibilità di strumenti di calibro < 3 mm, insieme alla progressiva riduzione del calibro delle ottiche laparoscopiche hanno promosso l'avvento della chirurgia mini-laparoscopica, attualmente considerata uno degli approcci chirurgici meno invasivi. Inizialmente, gli strumenti in miniatura erano utilizzati durante procedure diagnostiche, in particolare in ambito ginecologico [1]; in seguito, le indicazioni della mini-laparoscopia sono state espanse anche a procedure terapeutiche in centri selezionati [2-7]. Gli strumenti coinvolti in questo nuovo approccio hanno consentito la progressiva evoluzione della laparoscopia convenzionale, con l’obiettivo principale di ridurre il trauma dell’accesso chirurgico, riducendo il tasso di morbilità legato alla ferita chirurgica. In effetti, l'uso di questi strumenti è in grado di migliorare i risultati estetici: questo sta diventando importante, anche se non essenziale, per alcuni pazienti. Il massimo dei vantaggi della mini- laparoscopia si ottiene in chirurgia ricostruttiva, in cui non è presente l'estrazione del pezzo operatorio, non dovendo ricorrere quindi a grossolane brecce di estrazione sulla parete addominale. In letteratura urologica sono stati pubblicati alcuni lavori riguardo ad intervento di mini-laparoscopia ricostruttiva.

Reimpianto ureterale: in un'analisi retrospettiva, Tsai et al. hanno descritto una tecnica di reimpianto ureterale in pazienti con reflusso vescico-ureterale, eseguita tramite trocars da 3.5 mm [8]. Nove pazienti sono stati sottoposti a reimpianto ureterale extravescicale nerve-sparing mini-laparoscopico senza complicanze intraoperatorie e con alto tasso di successo. Gli autori hanno concluso che questo approccio è una tecnica efficace e sicura per il trattamento del reflusso vescico-ureterale primario, con un migliore risultato estetico (tre incisioni da 3,5 mm) e più rapido ritorno del paziente alle normali attività quotidiane rispetto alla tecnica chirurgica a cielo aperto.

Orchidopessi: nel loro articolo pionieristico circa la mini-laparsocopia, Gill e Soble hanno descritto l’orchidopessi mediante questo approccio chirurgico Orchiopexy [7]. Hanno trattato cinque pazienti affetti da criptorchidismo, con un tempo operatorio medio di 60 minuti e perdite ematiche medie < 5 ml. Tutte le procedure non hanno riportato complicanze ed i pazienti sono stati dimessi il giorno stesso dell'intervento. Gli autori hanno concluso che la mini-laparoscopia ha la potenzialità di aumentare la soddisfazione del paziente, riducendo al minimo la morbilità legata alla ferita chuirurgica, migliorando la cosmesi.

PieloplasticaTan ha riportato la sua esperienza usando trocars da 3,5 mm, concludendo che la mini-laparoscopia migliora in modo significativo la capacità di confezionare l’anastomosi pielo-ureterale, riducendo il dolore post-operatorio e traducendosi in un aspetto estetico postoperatorio "spettacolare" [9].

Nella nostra esperienza personale, abbiamo dimostrato che la pieloplastica mini-laparoscopica è una tecnica sicura ed efficace, con risultati estetici superiori rispetto all’approccio laparoscopico convenzionale [10, 11] ed uno studio prospettico è in corso.

Chirurgia LESS robot-assistita: confronto con le tecniche tradizionali e mini-laparoscopiche nel trattamento della patologia malformativa del giunto pielo-ureterale

Abbiamo iniziato uno studio prospettico al fine di confrontare gli approcci laparoscopico convenzionale , mini-laparoscopico e single-site (LESS) robot-assistito per eseguire la pieloplastica sec. Anderson Hynes nella riparazione del difetto congenito del giunto pieloureterale primitivo. Lo studio si pone, previa la conferma della fattibilità e della riproducibilità degli approcci non convenzionali, di confrontare le diverse tecniche in termini di soddisfazione estetica dei pazienti trattati, mediante una valutazione con apposito questionario della sintomatologia e della percezione della cicatrice chirurgica da parte del paziente.

Definizione del ruolo della chirurgia robotica nel trattamento della neoplasia prostatica localizzata. 

L’epidemiologia del tumore prostatico, primo tumore per incidenza nel sesso maschile [1], è caratterizzata dalla cosiddetta stage migration, ovvero l’aumento dei tumori organo-confinati a discapito delle forme localmente o sistemicamente avanzate negli uomini con malattia di nuova diagnosi [2]. Le linee guida europee riconoscono come trattamenti di scelta nei tumori organo-confinati la chirurgia radicale e la radioterapia, che offrono risultati equivalenti in termini di sopravvivenza tumore-specifica, considerando la chirurgia quale standard nei pazienti di età < 72 anni . Inoltre, la prostatectomia radicale rappresenta il solo trattamento ad avere dimostrato in un trial prospettico randomizzato un beneficio in termini di sopravvivenza tumore-specifica quando comparato alla terapia conservativa [3].

Il grande cambiamento nella chirurgia per carcinoma prostatico è stato l’avvento della laparoscopia, che ha permesso il perfezionamento di procedure con intento sempre più mini-invasivo, e recentemente l’introduzione della chirurgia robotica. La chirurgia robotica si caratterizza per una maggiore precisione nel taglio e nella sutura rispetto alla laparoscopia, soprattutto quando la tecnica viene applicata per effettuare interventi come la prostatectomia radicale nerve sparing (con l’intento di preservare la potenza sessuale). Inoltre la chirurgia robot-assistita possiede ulteriori vantaggi rappresentati da una curva di apprendimento più rapida, dall’eliminazione del tremore fisiologico, dalla demoltiplicazione del movimento da 5 a 10 volte e dalla visione tridimensionale [4]. Nel corso degli anni gli interventi eseguiti mediante tale tecnica e le pubblicazioni scientifiche relative alla chirurgia robotica sono diventati sempre più numerosi. L’esperienza robotica presso la nostra Divisione è iniziata nel luglio 2008 e ad oggi sono state eseguite oltre 300 prostatectomie radicali robot-assistite. I risultati funzionali (continenza urinaria e potenza sessuale) di tale procedura sono stati recentemente confrontati con quelli della prostatectomia radicale laparoscopica mediante un trial prospettico randomizzato pubblicato dal nostro gruppo [5].

Gli sviluppi futuri di tale chirurgia riguardano una sempre minore invasività e l’utilizzo di tecniche sempre più all’avanguardia per ottenere ciò che in letteratura viene chiamato il ”trifecta”, ovvero i migliori risultati in termini di radicalità oncologica, mantenimento della continenza urinaria e della potenza sessuale.

  1. Jemal A, Siegel R, Ward E, et al. Cancer Statistics, 2008. CA Cancer J Clin 2008 58(2):71-96
  2. Derweesh IH, Kupelian PA, Zippe C, et al. Continuing trends in pathological stage migration in radical prostatectomy specimens. Urol Oncol 2004 22(4):300-6
  3. Bill-axelson A, Holmberg L, Filen F, et al. Scandinavian prostate cancer group study number 4. Radical prostatectomy versus watchful waiting in localized prostate cancer: the Scandinavian prostate cancer group-4 randomized trial. J Natl Cancer Inst 2008 100(16):1144-54
  4. Ficarra V, Novara G, Artibani W, Cestari A, Galfano A, et al. Retropubic, laparoscopic, and robot-assisted radical prostatectomy: a systematic review and cumulative analysis of comparative studies. Eur Urol. 2009 55(5):1037-63.
  5. Porpiglia F, Morra I, Lucci Chiarissi M, et al. Randomised Controlled Trial Comparing Laparoscopic and Robot-assisted Radical Prostatectomy. Eur Urol. 2013 Apr;63(4):606-14.

L'uso dell'Abiraterone come trattamento neoadiuvante nei pazienti con neoplasia prostatica localizzata. 

L’Abiraterone Acetato è un nuovo agente ormonale in grado di prolungare significativamente la sopravvivenza in pazienti con carcinoma prostatico resistente alla castrazione già trattati con chemioterapia con Docetaxel [1]. Più recentemente, l’utilizzo di tale farmaco è stato correlato ad un vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione di malattia anche in pazienti affetti da carcinoma prostatico resistente alla castrazione non ancora sottoposti a trattamento chemioterapico [2]. Dunque, l’ Abiraterone Acetatopotrebbe migliorare l’efficacia terapeutica dell’ormonoterapia nel carcinoma prostatico anche in altri settino, quali la terapia adiuvante.

Per rispondere a tale quesito, la nostra Divisione, in collaborazione con la Divisione di Oncologia Medica, ha avviato un progetto per uno studio clinico randomizzato di fase II volto a testare l’attività biologica di Abiraterone Acetato somministrato come terapia neoadiuvante in pazienti affetti da carcinoma della prostata ad alto rischio.

  1. de Bono JS, Logothetis CJ, Molina A, et al. Abiraterone and increased survival in metastatic prostate cancer. N Engl J Med. 2011 May 26;364(21):1995-2005
  2. Ryan CJ, Smith MR, de Bono JS, et al. Abiraterone in metastatic prostate cancer without previous chemotherapy. N Engl J Med. 2013 Jan 10;368(2):138-48.

Molecole "coloranti" biologiche in grado di essere riconosciute in corso di prostatectomia radicale e di guidare il chirurgo verso una chirurgia sempre più conservativa (image guided surgery).

L'obiettivo fondamentale della chirurgia radicale per carcinoma di prostata e della chirurgia oncologica in generale, è il raggiungimento della radicalità oncologica. Lo stato dei margini chirurgici, ovvero la capacità di valutare l’assenza di neoplasia a livello del margine di resezione del campione patologico ottenuto dopo intervento, viene attualmente utilizzato per valutare tale radicalità [1]. Un margine chirurgico positivo è infatti associato a ripresa del PSA dopo prostatectomia radicale, come dimostrato dal nostro precedente lavoro [2]. Attualmente, in corso di prostatectomia radicale, è diventato fondamentale il raggiungimento di altri due obiettivi, al fine di configurare la cosiddetta "trifecta": il mantenimento della potenza sessuale e della continenza urinaria. Durante l’intervento è infatti possibile conservare la rete neurovascolare che si trova intorno alla prostata per dare la possibilità al paziente di recuperare potenza sessuale e continenza urinaria nel più breve tempo possibile nel post-operatorio. La cosiddetta tecnica "nerve sparing", ovvero in grado di risparmiare la rete neurovascolare,  è stata migliorata negli ultimi anni mediante l'uso di approcci chirurgici mini-invasivi, specialmente con l’avvento della prostatectomia robot-assistita [3, 4]. Pertanto, una procedura ideale includerebbe l’eradicazione di tutto il tessuto neoplastico e la conservazione del maggior tessuto funzionale possibile. Ad oggi, è ancora difficile individuare intraoperatoriamente tessuto neoplastico al di fuori della capsula prostatica o verificare la reale posizione della rete neurovascolare intorno alla prostata. Le informazioni date dall’imaging funzionale sarebbero dunque molto utili durante le procedure chirurgiche. In tal senso, i traccianti fluorescenti sono candidati interessanti in quanto consentono una guida ottica verso la lesione di interesse [5, 6].

Lo scopo del nostro lavoro, in collaborazione con l'Istituto di Biotecnologie di Torino, è quello di studiare in vitro traccianti fluorescenti da utilizzare successivamente in corso di prostatectomia radicale, per valutare la presenza di tessuto neoplastico residuo o di tessuto funzionale sul campo operatorio. L'obiettivo finale sarebbe permettere al chirurgo l’ottenimento della “trifecta": la massima radicalità oncologica ed un recupero più rapido della funzione sessuale e della continenza urinaria.

  1. Montorsi F, Timothy G, Wilson, et al. Best Practices in Robot-assisted Radical Prostatectomy: Recommendations of the Pasadena Consensus Panel. Eur Urol 2012
  2. Porpiglia F, Fiori C, Manfredi M, et al. Surgical margin status of specimen and oncological outcomes after laparoscopic radical prostatectomy: experience after 400 procedures. World J Urol. 2012 Apr;30(2):245-50
  1. Ficarra V, Novara G, Rosen RC, et al. Systematic review and meta-analysis of studies reporting urinary continence recovery after Robot-Assisted Radical Prostatectomy. Eur Urol 2012; 62(3): 405-17
  2. Ficarra V, Novara G, Ahlering T, et al. Systematic review and meta-analysis of studies reporting potency rates after Robot-Assisted Radical Prostatectomy. Eur Urol 2012; 62(3): 418-30
  3. Adam C, Salomon G, Walther S, et al. Photodynamic diagnosis using 5-aminolevulinic acid for the detection of positive surgical margins during radical prostatectomy in patients with carcinoma of the prostate: a multicentre, prospective, phase 2 trial of a diagnostic procedure. Eur Urol. 2009 Jun;55(6):1281-8
  4. Fukuhara H, Inoue K, Satake H, et al. Photodynamic diagnosis of positive margin during radical prostatectomy: preliminary experience with 5-aminolevulinic acid. Urol. 2011 Aug;18(8):585-91

Il perfezionamento delle tecniche di RM nella diagnosi della neoplasia prostatica.  Studi clinici e traslazionali sulla oncologia urologica 
Com'è noto, i principali strumenti diagnostici per evidenziare la presenza di un tumore prostatico includono la DRE e la concentrazione sierica di PSA (e derivati??). La diagnosi definitiva dipende però dalla verifica istopatologica di adenocarcinoma dopo biopsia prostatica[i].

Poiché ecograficamente il tessuto neoplastico non è chiaramente distinguibile dal parenchima prostatico sano, per campionare l'intera ghiandola prostatica vengono eseguite, secondo schemi predefiniti, un numero di campioni variabile da 10 a 12 (prima biopsia) fino ad oltre 20 prelievi (biopsia di saturazione)[ii].
Questa procedura ha i suoi limiti, infatti in almeno il 25-30% dei pazienti carcinoma prostatico, il tessuto neoplastico non è incluso nei campioni[iii].
Recentemente, alcuni autori hanno sottolineato il ruolo della RM multiparametrico nella diagnosi del tumore prostatico, approfittando delle informazioni anatomiche, morfologiche e funzionali che questa fornisce[iv].
La RM è in grado di evidenziare in particolare tumori prostatici focalmente invasivi (visualizzando l'estensione extraprostatica e l'invasione delle vescicole seminali) meglio di quanto possano fare la biopsia prostatica e la stadiazione clinica[v],[vi].

 Dal maggio 2011 abbiamo attivato una proficua collaborazione con i Radiologi dell'IRCC di Candiolo e stiamo tuttora portando avanti due filoni di ricerca:

- validazione delle informazioni fornite dalla RM prostatica preoperatoria confrontando con i risultati dati dal gold standard, rappresentato dall'analisi anatomopatologica

- utilizzo della RM prostatica in associazione a markers sierologici (proPSA) e urinari (PCA3) nella diagnosi del tumore prostatico nei pazienti con PSA persistentemente elevato e/o un forte sospetto clinico di malattia dopo una biopsia prostatica iniziale negativa.


[i] Heidenreich A, Bastian PJ, BellmuntJ et al. EAU Guidelines on Prostate Cancer 2012

[ii] Ellis JH, Tempany C, Sarin MS et al. MR imaging and sonography of early prostatic cancer: pathologic and imaging features that  influence        identification and diagnosis. AJR Am J Roentgenol. 1994 Apr;162(4):865-72

[iii] Jones JS, Patel A, Schoenfield L, Rabets JC, Zippe CD, Magi-Galluzzi C. Saturation          technique does not improve cancer detection as an initial prostate biopsy strategy. J Urol. 2006 Feb;175(2):485-8

[iv] Sciarra A, Barentsz J, Bjartell A et al. Advances in Magnetic Resonance Imaging: How They Are Changing the Management of Prostate Cancer. Eur Urol. 2011 Jun;59(6):962-77. Epub 2011 Feb 23.

[v] Wang L, Mullerad M, Chen HN et al. Prostate cancer: incremental value of endorectal MRI findings for prediction of extracapsular extension. Radiology 2004 Jul;232(1):133-9.

[vi] Sala E, Akin O, Moskowitz CS et al. Endorectal MR imaging in the evaluation of seminal vesicle invasion: diagnostic accuracy and multivariate feature analysis. Radiology 2006 Mar;238(3):929-37.

Ultimo aggiornamento: 08/05/2015 15:47
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